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L’estate è finalmente arrivata e con lei le tanto attese vacanze.

Come ogni anno, ci divideremo secondo gusti tra appassionati del mare e frequentatori della montagna.

Nell’articolo di oggi*, vogliamo approfondire un tema molto importante che è da anni soggetto d’interesse da parte delle istituzioni pubbliche italiane: l’educazione agli sport acquatici e la prevenzione dell’annegamento.

Da anni la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della Salute e il Comando generale della Guardia costiera, nel periodo estivo, si impegnano nella distribuzione di campagne di comunicazione sul tema della sensibilizzazione contro gli incidenti in acqua, troppo spesso -purtroppo- mortali.

L’annegamento rappresenta infatti la seconda causa di morte tra i bambini tra 1 e 4 anni anche nei Paesi alto reddito quali Australia, Francia, Nuova Zelanda, Svizzera e Stati Uniti. [rif. Drowning prevention: turning the tide on a leading killer]

Inoltre, una delle principali conseguenze della Crisi Climatica (Climate Crisis) risulta essere l’aumentata incidenza di uragani e inondazioni che, come è facilmente intuibile, rappresentano la prima causa di annegamento delle vittime. (Degli impatti della Crisi Climatica sulla salute ne avevamo parlato anche qui!)

Vogliamo quindi oggi provare a capire quali sono i dati disponibili su questo argomento e cosa è possibile fare nel caso in cui ci trovassimo a dover soccorrere una persona in difficoltà in ambiente acquatico.

Come cambia il protocollo di rianimazione in caso di Arresto Cardio-Circolatorio [ACC]?

Si può comunque utilizzare il Defibrillatore Automatico Esterno [DAE]?

Quando possiamo fare davvero la differenza, e quando invece, agire potrebbe rappresentare un rischio forse troppo grande da correre?

Proviamo a fare un po’ di chiarezza sul tema, sempre affidandoci a quanto presente nella letteratura scientificama ricordandoci sempre la prima regola del soccorso: agire sempre e solo in sicurezza!

*che esce in anticipo sui tempi poiché la Giornata Mondiale per la Prevenzione dell’Annegamento si celebrerà solo il 25 luglio, periodo in cui, però, anche noi della Redazione ci prenderemo una pausa per l’Estate…

Un po’ di numeri

Secondo i dati raccolti dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) il ruolo che gli sport acquatici giocano nell’attività fisica degli italiani è costantemente in crescita da anni. Nel 2006 questi erano infatti considerati il terzo sport più praticato dopo il calcio e la ginnastica.

Risulta inoltre come gli sport acquatici siano tra i più praticati tra i bambini.

In uno studio condotto dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2013 [1], volto a promuovere la ricerca sul tema e favorire iniziative utili a determinare l’entità di questi eventi e i Fattori di Rischio [FdR] ad essi correlabili, ha rivelato come, nel periodo tra il 2008 e il 2012, si erano verificati in Italia oltre 190 casi di annegamento.

Nel 67% dei casi questi incidenti avevano riguardato bambini tra 0 e 15 anni in assenza di supervisione di un adulto, prevalentemente in piscine domestiche, e -in generale- in prevalenza maschi (circa il doppio delle femmine); questo probabilmente poiché hanno la tendenza a sovrastimare le proprie capacità natatorie, hanno la tendenza a intraprendere attività più rischiose o -più comunemente- (se adulti) per la più frequente tendenza a consumare alcolici, anche durante lo svolgimento di attività sportive.

Sebbene la ricerca si basasse semplicemente sull’analisi delle notizie di stampa relativa, com’è ovvio pensare, tali eventi sono risultati essere maggiormente concentrati (87%) durante l’estate (periodo di maggiore frequentazione degli ambienti acquatici).

Cosa fare in caso di annegamento

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Tra le svariate dinamiche che possono portare all’insorgenza di un Arresto Cardio-Circolatorio [ACC], l’asfissia (o soffocamento, dal greco α-, “senza” e σφυξία, “polso, battito del cuore”) [2] è uno dei meno frequenti.

Tra le varie cause di asfissia, l’annegamento risulta essere il motivo principale solo nel 2,4% dei casi.

Nonostante questi scarsi numeri, l’annegamento risulta essere la terza causa di morte per incidente in tutto il mondo, arrivando a contare oltre 360.000 vittime ogni anno [rif. WHO fact-sheets]

L’annegamento rientra tra quelle che le linee guida internazionali dell’European Resuscitation Cauncil identificano come “circostanze speciali” (special circumstances) [3] in cui si può verificare un ACC.

Secondo quanto in esse riportato si dovrà quindi:

1)   Valutare il rischio di intervento: sono da considerare l’effettiva possibilità di aiutare la persona senza mettere in pericolo se stessi o altri e le possibilità di sopravvivenza, ad esempio stimando il tempo passato in immersione della persona (secondo una recente metanalisi, infatti, maggiore è il tempo passato sott’acqua, minori sono le possibilità di recupero [4]);

2)   Una volta intervenuti e portata la persona a riva, valutare la coscienza e la presenza di respiro:

a.     A respiro presente o se la persone è cosciente, va fornito aiuto generico al fine di prevenire l’insorgenza di ACC;

b.     Se la persona è incosciente e il respiro è assente o anormale, si incominciano le manovre di rianimazione! [5]

Prevenzione dell’Arresto Cardio-Circolatorio [ACC]

La prevenzione dell’ACC in una persona soccorsa durante un annegamento si realizza mettendo in atto una serie di manovre che seguono il classico e facilmente ricordabile schema ABCDE:

–       A(irways) – Vie Aeree: assicurarne la pervietà, trattare l’ipossia (ovvero la “carenza di ossigeno a livello dei tessuti”) mediante la somministrazione di ossigeno fino al recupero di una saturazione normale (94-98%).

–       B(reathing) – Respiro: valutiamo come sta respirando la persona (anche valutando la lunghezza delle frasi che essa è in grado di pronunciare), se utilizza la muscolatura accessoria del torace per respirare, quanti atti respiratori al minuto esegue (normalità: 16-18 atti al minuto)

–       C(irculation) – Circolo: valutare la frequenza cardiaca (FC) e la pressione arteriosa (PA);

–       D(isabilities) – disabilità: valuto lo stato di coscienza per capire se la persona è sveglia e collaborante o se risponde solo alla chiamata (senza aprire gli occhi) o ad uno stimolo doloroso; o peggio, se non risponde a nessuno stimolo verbale o doloroso (secondo la scala di valutazione della coscienza detta AVPU).

–       E(xposure): può essere utile misurare la temperatura della persona e utilizzare strumenti come un telino termico (metallina) per mantenere la temperatura corporea della persona sopra i 35°C; l’acqua, infatti, favorisce la perdita di calore dal corpo!

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In conclusione, è utile disporre la persona in Posizione Laterale di Sicurezza mentre si attendono i soccorsi.

E in caso di Arresto Cardio-Circolatorio [ACC]? Cosa cambia?

Sostanzialmente… nulla (o quasi)!

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(cliccami)

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Le manovre di Rianimazione Cardio-Polmonare [RCP] vanno iniziate il prima possibileo appena risulta sicuro farlo!

Questo può significare, se adeguatamente addestrati e capaciiniziare le ventilazioni addirittura fintanto che ci si trova ancora in acqua, o comunque appena a bordo di un natante, cominciando immediatamente le Compressioni Toraciche Esterne [CTE].

E ricordatevi le tre regole più importanti della rianimazione:

1)   Chiedo aiuto!

2)   Mi faccio portare il Defibrillatore Automatico Esterno [DAE]!

3)   Chiamo o faccio chiamare il Numero Unico di Emergenza 112 [NUE112]!

Ove possibile (e se presente) è quindi possibile utilizzare il DAE anche in caso di ACC causato da annegamento, con l’accortezza però di asciugare il più possibile la persona prima di effettuare la scarica, allo scopo di evitare la dispersione dell’elettricità erogata dal dispositivo che potrebbe risultare così inefficace a determinare la ricomparsa di un ritmo cardiaco compatibile con la vita, ma che potrebbe soprattutto trasformarsi altrimenti in una fonte di pericolo per i soccorritori intervenuti!

Esiti

Sfortunatamente, la sopravvivenza in caso di ACC causato da asfissia è scarsa e molti dei sopravvissuti accusano severi danni neurologici, conseguenti all’ipossia causata dall’aspirazione di fluidi nei polmoni. In caso di annegamento, infatti, la sopravvivenza ad un mese dall’evento è stata stimata essere intorno all’1,1-0,4%. [Rif. Osaka Study]

Tentare di soccorrere una persona sommersa dall’acqua necessita quindi di competenze e capacità, specialmente nella valutazione del rischio, al fine di non mettere in pericolo anche la vita di chi -con generosità- si attiva nel tentare di soccorrere la persona in difficoltà.

Il principale fattore da tenere in considerazione è il tempo di immersione: né l’età, né la salinità o temperatura dell’acqua o il tempo di intervento dei soccorsi sembrerebbero infatti avere un ruolo nelle possibilità di recupero del paziente affogato.

Conclusioni

Chiunque può annegare, ma è possibile fare molto perché ciò non avvenga.


È possibile mettere in atto strategie a bassissimo costo che permettono di evitare che ciò avvenga, prime tra tutte: un’aumentata attenzione al tema e la diffusione di nozioni di base che permettano di sapere cosa fare in tali circostanze.

Come abbiamo provato a riassumere, la maggior parte delle situazioni che portano a rischiare l’annegamento avviene in ambito sportivo e domestico.

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Alla luce dei fatti che vi abbiamo presentato è quindi possibile fare alcune considerazioni:

1)   Esporre precocemente (intorno ai 6 anni) le persone all’ambiente acquatico e fornire la formazione necessaria ad approcciarlo in modo sicuro e corretto, anche inserendo tale attività all’interno del curriculum scolastico, risulta essere fondamentale per favorire la riduzione di questi eventi; [rif. Cost-Effectiveness of an Injury and Drowning Prevention Program in Bangladesh]

2)   La riduzione del rischio per i più piccoli passa anche dalla “messa in sicurezza” delle piscine domestiche, in modo da impedire infortuni accidentali anche in caso di mancata supervisione degli adulti;

3)   La più ampia e diffusa conoscenza possibile delle manovre rianimatorie, ancora una volta, risulta essere lo “strumento di salvataggio” più efficace in queste situazioni: un motivo in più per favorire quindi la cultura della Rianimazione Cardio-Polmonare [RCP] tra tutta la popolazione!

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Scuola di nuoto, New York, 1940

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In conclusione: “non tutti i supereroi indossano un mantello”, ma tutti i soccorritori si addestrano per essere in grado di fare del loro meglio, quando serve!

Quindi:

#StaySafe #StayTrained

Forse non tutti sanno che… 

Forse non tutti sanno che, alcuni studi hanno valutato la possibilità di utilizzo di Droni equipaggiati per la consegna di strumenti utili al galleggiamento (salvagente) e DAE sui luoghi di annegamento quale efficace strategia di localizzazione e salvataggio dell’annegato, grazie alla capacità di trasportare contemporaneamente dispositivi audio e video in grado di trasmettere in simultanea a terra il luogo dell’evento, e conseguentemente di gestire l’eventuale ACC mediante il trasporto del DAE il più vicino possibile al luogo dell’evento[6][7]; un tema questo (Droni&DAE) che, con il Progetto CentoPassiPerLaVita avevamo già toccato in un precedente articolo (che potete trovare qua!).

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[1]     E. Ferretti, S. de Angelis, G. Donati, and M. Torre, “Fatal and non-fatal unintentional drownings in swimming pools in Italy: Epidemiological data derived from the public press in 2008–2012,” Microchemical Journal, vol. 113, pp. 64–68, Mar. 2014, doi: 10.1016/j.microc.2013.11.009.

[2]     “Asfissia – Wikipedia.” https://it.wikipedia.org/wiki/Asfissia (accessed Jun. 05, 2022).

[3]     C. Lott et al., “European Resuscitation Council Guidelines 2021: Cardiac arrest in special circumstances,” Resuscitation, vol. 161, no. 12, pp. 152–219, Apr. 2021, doi: 10.1016/j.resuscitation.2021.02.011.

[4]     L. Quan, J. J. L. M. Bierens, R. Lis, A. Rowhani-Rahbar, P. Morley, and G. D. Perkins, “Predicting outcome of drowning at the scene: A systematic review and meta-analyses,” Resuscitation, vol. 104, pp. 63–75, Jul. 2016, doi: 10.1016/j.resuscitation.2016.04.006.

[5]     T. Fukuda, N. Ohashi-Fukuda, K. Hayashida, and I. Kukita, “Association of bystander cardiopulmonary resuscitation and neurological outcome after out-of-hospital cardiac arrest due to drowning in Japan, 2013–2016,” Resuscitation, vol. 141, no. May 2019, pp. 111–120, Aug. 2019, doi: 10.1016/j.resuscitation.2019.06.005.

[6]     A. Claesson et al., “Drones may be used to save lives in out of hospital cardiac arrest due to drowning,” Resuscitation, vol. 114, pp. 152–156, May 2017, doi: 10.1016/j.resuscitation.2017.01.003.

[7]     C. Seguin, G. Blaquière, A. Loundou, P. Michelet, and T. Markarian, “Unmanned aerial vehicles (drones) to prevent drowning,” Resuscitation, vol. 127, no. January, pp. 63–67, Jun. 2018, doi: 10.1016/j.resuscitation.2018.04.005.

[8]     B. R. D’Este, “Regulation for ‘Saving’ the Drowned in Italy (XVII-XIXth Century), with Particular Reference to the Republic of Venice,” Medicina nei Secoli: Arte e Scienza, vol. 2, no. 1, pp. 61–73, 1990.

Pubblicato il 15 luglio 2022


Bonus – Un po’ di storia

“La necessità di fare qualcosa in caso di asfissia causata dall’annegamento ha caratterizzato l’uomo fin da quando, per la prima volta, è entrato in contatto con l’acqua, ambiente a lui alquanto sconosciuto; al fine di riportare alla vita gli asfissiati per annegamento, svariati metodi sono stati tentati, sebbene spesso sottesi a ragionamenti guidati da pregiudizi religiosi o convinzioni magiche”.

Inizia così un articolo del 1990 pubblicato su Medicina nei Secoli: Arte e Scienza, rivista italiana di storia della medicina. [8] Il suo autore, Bianca Rosa D’Este ci racconta in questo articolo quelli che erano i regolamenti applicati in Italia tra il XVII e il XIX secolo, e in particolare nella Repubblica di Venezia, in caso di rinvenimento di una persona annegata.

L’improvvisazione, guidata dall’intuizione, portava a scuotere e sfregare il corpo, inducendo il rigetto dell’acqua inalata, mentre ci si occupava di mantenere il corpo ad una temperatura adeguata.

Se la realizzazione della prima respirazione bocca-a-bocca sembrerebbe poter essere attribuita a un uomo scozzese di nome William Tossack che, nel 1732, salvò un minatore ad Edimburgo, le più antiche testimonianze di procedure di rianimazione di una persona annegata sembrerebbero essere state codificate in Olanda, dove – nella città di Amsterdam – il 26 ottobre 1767 veniva istituita la “Life-saving Society”; esempio presto seguito da altre città europee, come testimonia l’istituzione della “Royal Humane Society” del 1774 a Londra, istituita ad Hyde Park.

È inoltre interessante notare come, nella città di Weimar, in Germania, a partire dal 1783, a nessun Medico era concesso di praticare la professione a meno ché non fosse in grado di praticare il Primo Soccorso.

In Italia, le prime indicazioni ufficiali sulle procedure di rianimazione in caso di asfissia sono da attribuirsi ad un “Dottore in Legge” di Palermo: Francesco Emanuele Cangiamila. Laureatosi a 15 anni e diventato poi prete a 30, fu spinto dalla necessità di sviluppare un manuale (poi pubblicato nel 1745 col titolo Embriologia Sacra) su come soccorrere e mantenere in vita i neonati che avevano sofferto di asfissia durante il travaglio, allora causa di molte morti premature.

In seguito, molte pubblicazioni si resero disponibili sul mercato editoriale scentifico del periodo. Particolarmente interessate al tema si dimostrarono le autorità del Regno di Venezia che, come Amsterdam, spesso si trovavano ad avere a che fare col problema degli annegamenti.

Il primo “Servizio di Primo Soccorso per Annegati” venne quindi istituito dalla Repubblica di Venezia nel 1768 e la sua organizzazione demandata all’Autorità Sanitaria (istituita nel 1485).

Curiosamente, nessuna delle associazioni private (es. Scuole dei Mestieri) tipiche della Città, manifestarono interesse per il tema per lungo tempo.

Da quel momento in poi vennero condotti studi e stampati manuali sul tema che prevedevano come principale e più importante manovra l’insufflazione di aria nei polmoni degli annegati quali prima e principale manovra da eseguirsi in tali circostanze.

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Di particolare (e curioso!) interesse risulta essere una pubblicazione del dicembre 1770 nella quale, oltre all’utilizzo di mantici per l’insufflazione di aria nei polmoni, si suggerisce l’insufflazione di fumo di tabacco nello stomaco del malcapitato al fine di stimolarne la ripresa.

Sebbene l’utilizzo del fumo di tabacco possa far storcere il naso al giorno d’oggi, è interessante notare come sia possibile ricondurre la nascita di strumenti utili all’insufflazione di aria nei polmoni già nel tardo 1700, quale vero e proprio precursore sulla cui base sarà poi sviluppato dei moderni strumenti di rianimazione: il “Pallone Ambu”.

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Risale all’8 agosto del 1778 l’ordinanza di dotare tutti i natanti di avere a bordo il mantice per la rianimazione degli annegati, poi sostituito da una vera e propria “scatola di rianimazione” nei successivi anni.

Dopo la caduta della Serenissima a causa delle Campagne Napoleoniche e, in seguito alla costituzione del Regno d’Italia (1886), alcune di queste regole videro la loro diffusione in tutta Italia, e più in particolare si videro inserite nei regolamenti della Marina del Regno di Sardegna, comprendenti -tra le altre indicazioni- anche le istruzioni per l’utilizzo di alcuni strumenti ad hoc quali tubi equipaggiati con mantici da inserire attraverso il naso della persona annegata e strumenti per la stimolazione elettrica del diaframma.

Curiosamente, nei regolamenti della Marina del Regno d’Italia datati 1878, tutte queste tecniche di rianimazione e strumenti scomparvero, lasciando il posto al semplice riscaldamento del corpo mediante sfregamento e all’indicazione di svuotare lo stomaco della persona incorsa nell’annegamento.

Fu solo a seguito della Prima Conferenza Mondiale di Rianimazione, tenutasi a Marsiglia, in Francia, nel 1879, che in Italia si assistette alla nascita di Associazioni come l’Associazione Italiana di Salvataggio “Natatorium”, fondata da Arturo Passerini, originario di Finale Ligure, con lo scopo di diffondere la cultura e l’utilità di essere in grado di nuotare correttamente al fine di saper soccorrere l’altrui persona in difficoltà in acqua e, contemporaneamente, addestrare le persone alle manovre di salvataggio e primo soccorso degli asfissiati per annegamento.

Da quel momento in poi, tutte le Associazioni di Nuoto del Regno avrebbero inserito nei propri curricula tali fondamenti di soccorso.

Tale buona pratica venne definitivamente istituzionalizzata nel 1930 quando la Federazione Italiana Nuoto inserì nei propri corsi, in modo obbligatorio, l’ottenimento di un patentino di primo soccorso per tutti i propri allievi, sotto suggerimento del CONI.

L’Associazione Italiana di Salvataggio “Natatorium”, nel 1939, venne quindi integrata in modo organico nella Federazione Italiana Nuoto con il ruolo di branca specializzata nel salvataggio.

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Dozens of children and adults are pictured above crowded in and around what was called a ‘swimmobile’ in the late 1960s

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Red Hook Pool. 1938.