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Il problema dell’impatto dell’uomo sull’ambiente sta assumendo sempre più importanza nella nostra quotidianità. L’importanza di un corretto sfruttamento delle risorse naturali, del riciclo delle materie prime e seconde e della creazione di meccanismi circolari in economia sono alla base di gran parte della discussione in termini ambientali ed economici negli ultimi tempi.

Ma è “solo” una questione di ambiente?

Stiamo “semplicemente” avvelenando il pianeta? O queste condizioni hanno effetto anche su ognuno di noi, personalmente?

Secondo un recente rapporto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite la situazione è critica: l’inquinamento di acqua, suolo e aria sarebbe responsabile di una quantità di morti superiore anche al COVID-19. [1]

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L’inquinamento dell’aria da parte di sostanze come l’ozono, l’ossido di azoto e del particolato più o meno fine (PM10 e PM2.5, ovvero materiale inquinante avente una dimensione inferiore ai 10 o ai 2,5 mm) rappresenterebbe il quinto fattore di rischio per importanza a causare la morte delle persone in tutto il mondo, responsabile di oltre 4.2 milioni di decessi, di cui almeno 1,5 per patologie ischemiche cardiache! [2]

Qui di seguito, una stima fatta nel 2015 delle morti attribuibili alle conseguenze dell’inquinamento dell’aria per il progetto Global Burden of Diseases Study

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L’inquinamento dell’aria può quindi creare sia danni acuti, solitamente rappresentati da patologie respiratorie e cardiovascolari (tosse, lacrimazione, difficoltà a respirare, angina pectoris), sia danni cronici, essendo potenzialmente in grado di causare danno a qualunque organo e sistema del corpo. Può inoltre avere conseguenze negative su condizioni cliniche già esistenti, causandone quindi un peggioramento.

L’inquinamento dell’aria colpisce chiunque, indipendentemente dall’età, dalla regione in cui si vive o dal proprio status sociale (sull’impatto dello status socioeconomico delle persone sulla loro salute ne avevamo già parlato qui), causando danni maggiori in quegli individui soggetti a maggiore esposizione agli inquinanti e caratterizzati da un’aumentata suscettibilità agli effetti causati da questa, ovvero persone già interessate da altre patologie o con un ridotto supporto sociale. [3] 

Ma quindi, in che modo l’inquinamento ambientale impatta sulla nostra salute, e più in particolare sulla nostra salute cardiovascolare?

L’esposizione prolungata a inquinanti come i PM2.5 sarebbe –in primis- associata all’insorgenza di ipertensione arteriosa (o pressione alta): 

Secondo le nuove linee guida dell’European Society of Cardiology (ESC) e dell’European Society of Hypertension (ESH) si considera ottimale una pressione sistolica inferiore a 120 mmHg e una pressione diastolica inferiore a 80 mmHg, normale una pressione sistolica tra 120-129 mmHg e una diastolica tra 80-84 mmHg e normale-alta una pressione sistolica tra 130-139 mmHg e distolica tra 85-89 mmHg.
Si parla quindi di pressione arteriosa elevata (ipertensione arteriosa) quando misurazioni effettuate ad entrambe le braccia, più volte consecutive e in giorni differenti, evidenzino valori superiori a 140mmHg per la pressione sistolica (massima) e/o a 90mmHg per la pressione diastolica (minima) [4]

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L’ipertensione arteriosa è uno dei principali fattori di rischio cardiovascolare e rappresenta una delle principali problematiche sanitarie nel mondo e in particolare in quei paesi a medio-basso reddito, dove risiedono tre-quarti dei soggetti affetti.

Naturalmente, l’inquinamento ambientale si configura quale una delle cause predisponenti alla patologia: determinanti sociali, stile di vita, dieta e attività fisica giocano un ruolo altrettanto importante, e tutti concorrono – se vi si interviene – al miglioramento delle condizioni di vita e dell’aspettativa di vita in salute.

Questa associazione è risultata particolarmente evidente in uno studio condotto sulla popolazione cinese [5] che, coinvolgendo oltre 800 mila persone in uno studio retrospettivo, ha rilevato come, all’aumentare delle concentrazioni di PM2.5 nell’aria degli ultimi decenni sia corrisposta una vera e propria “epidemia di ipertensione”, con oltre 300 milioni di individui interessati. È stato inoltre dimostrato che maggiore è il tasso di inquinamento (PM2.5), maggiore è la prevalenza della malattia. 

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Ma non è (purtroppo) finita qui.

L’inquinamento dell’aria da parte dei PM2.5 sarebbe infatti responsabile del 17.1% delle malattie cardiache ischemiche (ischaemic heart disease, IHD), del 14,2% patologie cerebrali come ictus ischemici ed emorragici (cerebrovascular disease), tumori (16,5%) e patologie polmonari come la Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO o chronic obstructive pulmonary disease, COPD), con maggiori conseguenze sulle persone con più di 70 e meno di 5 anni. [2]

Modificare i propri stili di vita e favorire l’utilizzo di strumenti di mobilità più sostenibili dal punto di vista ambientale può contribuire a una riduzione nell’emissione di inquinanti nell’aria, contribuendo nel frattempo anche a favorire uno dei principali fattori di protezione contro le malattie cardiovascolari: l’attività fisica!

L’utilizzo di mezzi alternativi come la bicicletta o semplicemente lo spostamento a piedi può infatti contribuire a mantenere le persone in salute favorendo un buon controllo del peso corporeo, un certo livello di allenamento del sistema circolatorio e riducendo le fonti di inquinamento.

In tal senso, il cambiamento negli stili di vita (e di inquinamento) comincia da tutti noi!

Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo

Mahatma Gandhi

Ove possibile, scegliamo quindi di prediligere metodi di spostamento alternativi specialmente per tratti brevi (nei limiti delle nostre possibilità) e cerchiamo di trovare il tempo per curarci della nostra salute: secondo l’OMS bastano infatti anche solo 30 minuti di camminata al giorno a passo svelto per mantenere un cuore in salute!

#StayHealty


Forse non tutti sanno che…i danni alla salute sono riconducibili anche all’inquinamento degli ambienti chiusi come gli ambienti domestici e scolastici! Ad esempio, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’inquinamento domestico (indoor air pollution) causato dai fuochi utilizzati per cucinare, sarebbe responsabile di almeno 3.8 milioni di morti ogni anno [3], incidendo grandemente sulla salute femminile. Grande interesse ha recentemente suscitato anche l’impatto che l’inquinamento indoor eserciterebbe in ambito scolastico. Svariati studi dimostrano infatti l’impatto negativo che inquinamento ha sullo sviluppo polmonare dei ragazzi, sull’esacerbazione di patologie come l’asma [6] e sulle prestazioni scolastiche [7], [8], causate anche dal  conseguente incremento di assenze da scuola.[9]


British Medical Journal Open  pubblica ricerche scientifiche relative a salute pubblica, epidemiologia, analisi su servizi sanitari, economia sanitaria, chirurgia, educazione sanitaria e ogni altro ambito che incide direttamente sulla salute dei pazienti, la pratica medica e i servizi sanitari. Tutti i contenuti sono di libero accesso e sottoposti a revisione tra pari (peer review).

Bibliografia

[1]     “Rapporto Onu: ‘L’inquinamento uccide più del Covid’ – Quotidiano Sanità.” http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=102434 (accessed Feb. 20, 2022).

[2]     A. J. Cohen et al., “Estimates and 25-year trends of the global burden of disease attributable to ambient air pollution: an analysis of data from the Global Burden of Diseases Study 2015,” Lancet, vol. 389, no. 10082, pp. 1907–1918, May 2017, doi: 10.1016/S0140-6736(17)30505-6.

[3]     D. E. Schraufnagel et al., “Air Pollution and Noncommunicable Diseases,” Chest, vol. 155, no. 2, pp. 409–416, Feb. 2019, doi: 10.1016/j.chest.2018.10.042.

[4]     “Ipertensione arteriosa (Pressione alta) – ISSalute.” https://www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/i/ipertensione-arteriosa-o-pressione… (accessed Feb. 20, 2022).

[5]     J. Song et al., “Association of long-term exposure to PM 2.5 with hypertension prevalence and blood pressure in China: a cross-sectional study,” BMJ Open, vol. 11, no. 12, p. e050159, Dec. 2021, doi: 10.1136/bmjopen-2021-050159.

[6]     Y. H. Mi, D. Norbäck, J. Tao, Y. L. Mi, and M. Ferm, “Current asthma and respiratory symptoms among pupils in Shanghai, China: Influence of building ventilation, nitrogen dioxide, ozone, and formaldehyde in classrooms,” Indoor Air, vol. 16, no. 6, pp. 454–464, Dec. 2006, doi: 10.1111/j.1600-0668.2006.00439.x.

[7]     U. Haverinen-Shaughnessy, R. J. Shaughnessy, E. C. Cole, O. Toyinbo, and D. J. Moschandreas, “An assessment of indoor environmental quality in schools and its association with health and performance,” Build. Environ., vol. 93, no. P1, pp. 35–40, Nov. 2015, doi: 10.1016/j.buildenv.2015.03.006.

[8]     U. Haverinen-Shaughnessy, D. J. Moschandreas, and R. J. Shaughnessy, “Association between substandard classroom ventilation rates and students’ academic achievement,” Indoor Air, vol. 21, no. 2, pp. 121–131, Apr. 2011, doi: 10.1111/j.1600-0668.2010.00686.x.

[9]     D. G. Shendell, R. Prill, W. J. Fisk, M. G. Apte, D. Blake, and D. Faulkner, “Associations between classroom CO2 concentrations and student attendance in Washington and Idaho,” Indoor Air, vol. 14, no. 5, pp. 333–341, Oct. 2004, doi: 10.1111/J.1600-0668.2004.00251.X.