Le società in cui viviamo stanno sperimentando da qualche decennio a questa parte una serie di cambiamenti che hanno come risultato un aumento della solitudine e dell’isolamento sociale.
Introduzione
Secondo il Vocabolario Treccani, si definisce Solitudine “la condizione o lo stato di chi è solo, come situazione passeggera o duratura”.
Nella ricerca, si può definire anche come “discrepanza tra la quantità e qualità delle relazioni sociali che un individuo desidera, e quelle che effettivamente ha come conseguenza della vita di relazione che intrattiene”. [1]
Può considerarsi spesso una conseguenza dell’isolamento sociale, ovvero una oggettiva misura della mancanza di connessioni o interazioni sociali. [2]
L’essere umano è un “animale sociale” e necessita di relazioni che promuovano la comunicazione, favoriscano la collaborazione e instaurino fiducia e scambio di valori tra gli individui.
Sebbene si pensa spesso che la solitudine sia sempre e solo la conseguenza dell’isolamento sociale, è tuttavia possibile sperimentarne le conseguenze nonostante la presenza di relazioni come il matrimonio, l’amicizia, la vita familiare o all’interno di grandi gruppi sociali.
La percezione dell’isolamento sociale non è esclusiva degli esseri umani. Infatti, comportamenti conseguenti e correlabili con l’isolamento sociale sono stati osservati anche all’interno del regno animale, generalmente associati a comportamenti di deflessione dell’umore.
L’isolamento sociale e la solitudine sono fonti comuni di stress negli adulti. Inoltre, un sempre crescente numero di individui risulta essere a “rischio solitudine” nelle nostre società moderne a causa dei cambiamenti sociali e demografici che queste stanno sperimentando.
Le persone vivono più a lungo e il numero di persone con età pari o superiore ai 60 anni è previsto che triplichi da qui al 2050.
L’età avanzata è associabile a una riduzione delle interazioni sociali, un aumento del tempo passato da soli e un aumentata incidenza di solitudine.
.
Prevalenza della solitudine per classe di età in varie parti del mondo
.
In aggiunta, la diffusione dell’utilizzo di Internet ha completamente modificato il modo in cui le persone vivono e interagiscono tra loro. [3] Nonostante l’aumentata possibilità di connessione mediante strumenti digitali, sempre più persone sperimentano isolamento sociale. Infatti, recenti studi [4], starebbero ad indicare come principali responsabili di ciò proprio i social media.
La solitudine come Fattore di Rischio [FdR]
L’isolamento sociale prolungato è stato osservato determinare un aumento del rischio di malattia e di morte simile a quanto attribuibile a condizioni di malattia quali l’ipertensione arteriosa o a condizioni sfavorevoli per la salute come il fumo e l’obesità, e più in generale ad una ridotta aderenza a stili di vita utili a promuovere la salute. [5]
.
Impatto dell’isolamento sociale e della solitudine sulla mortalità
.
La quantità e qualità delle relazioni personali è infatti correlabile con la riduzione del rischio di ammalarsi.
Recenti metanalisi [6] hanno infatti osservato come l’isolamento sociale, la solitudine e il vivere da soli aumenti la possibilità di malattia e morte rispettivamente del 29%, 26% e 32%.
Nei giovani-adulti -ad esempio- l’abitudine a perseguire stili di vita salutare sembra essere fortemente influenzata, nel bene e nel male, proprio dai rapporti sociali.
Istruzione, formazione, occupazione, trasferimento in aree geografiche differenti da quelle di nascita, l’intessere relazioni d’amicizia e familiari sono tutti fattori che hanno un impatto sulla salute e che fanno di questo gruppo sociale un’interessante “coorte” da studiare per meglio comprendere le dinamiche e le correlazioni di questi eventi lungo tutta la vita.
La solitudine e il rischio cardio-vascolare
Già nel 1992, uno studio pubblicato sul Journal of American Medical Association [7] rilevava come l’incidenza di malattia coronarica acuta (coronary heart disease, CHD) tra i pazienti non spostati o coniugati risultasse essere gravata da una mortalità a cinque anni maggiore del 30-50% rispetto ai corrispettivi pazienti che dichiaravano di avere una relazione, nei quali tale dato si attestava al 18%.
Il rischio cardio-vascolare, normalmente, si sviluppa già a partire dai 40 anni: tale condizione è di solito conseguente al normale aumento delle resistenze periferiche e alla rigidità vascolare. A questo consegue inevitabilmente un aumentata pressione del sangue, noto FrR per patologie come l’ictus e le malattie cardiache.
Sebbene il processo di irrigidimento delle pareti vascolari sia una normale evoluzione para-fisiologica correlata all’invecchiamento, tale condizione risulta accelerata e aumentata in quegli individui privi di grandi relazioni sociali.
La presenza di una struttura sociale è stato dimostrato essere un fattore in grado di predire un minor rischio di sviluppo di aterosclerosi: uno dei principali fattori di rischio per la malattia cardio-vascolare (Cardiovascular disease, CVD).
.
.
Nel caso di pazienti sottoposti a operazioni volte a ripristinare la pervietà delle arterie coronariche (bypass coronarico), sottoponendo preventivamente i pazienti a dei questionari e analizzando le risposte date alla domanda “quanto sei d’accordo con la frase: ‘mi sento solo/a’”, si è potuto infatti constatare che in base alla concordanza con tale frase era possibile stimare la sopravvivenza di questi pazienti a 30 giorni e a 5 anni dall’operazione! [2]
Tutto ciò è riconducibile a una serie di complessi meccanismi biochimici [5] che vedono nella solitudine l’attivatore di fattori stressogeni che incidono negativamente sul delicato equilibrio che ci permette di vivere quella che può ben dirsi “una vita che vale la pena di essere vissuta”.
Conclusione
.
.
Secondo quanto riportato nella letteratura che abbiamo qui analizzato, esiste un certo grado di sicurezza nel poter quindi affermare che nella solitudine e nell’isolamento sociale è possibile identificare due fattori di rischio per la salute cardio-vascolare.
Ricevere il sostegno da parte di qualcuno -da parte della propria rete sociale- giochi un ruolo vitale nell’incoraggiare e sostenere nel tempo tali stili di vita salutari. [8]
Cosa fare quindi per ovviare a tali condizioni?
Sebbene, come accennato in apertura di articolo, far parte di un gruppo non assicuri sempre di ottenere la giusta quantità e qualità di relazioni sociali, certamente si può comprendere con facilità come le probabilità che questo accada siano certamente maggiori.
In tal senso, il consiglio che possiamo avanzare è uno e semplice: cominciare dal Volontariato!
Diventare Volontario è un’esperienza che può cambiare la vita e riempirla di significato.
Se vuoi sapere come fare, clicca qui: Diventa uno di noi!
Si lavora qui per ingentilire i cuori
– motto di ANPAS
#StayHealty