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Il 17 ottobre 1987, a Parigi, veniva celebrata per la prima volta la Giornata Mondiale del rifiuto della miseria (conosciuta anche come International Day for the eradication of Poverty), poi ufficialmente riconosciuta dalle Nazioni Unite nel 1992.

Lo stato di fatto

La crisi pandemica dovuta al COVID-19 ha avuto come conseguenza non solo il peggioramento delle condizioni di salute di tutte le popolazioni del mondo, ma anche un ruolo nell’aggravamento delle condizioni economiche in vaste aree del pianeta.

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Secondo la Banca Mondiale, tra gli 88 e i 115 milioni di persone sono state ridotte alla povertà come conseguenza di questa crisi sanitaria, colpendo in modo particolarmente duro le popolazioni del Sud dell’Asia e della fascia Sub Sahariana. Al termine del 2021, si stima che tale cifra raggiungerà un numero compreso tra i 143 e i 163 milioni di persone.

Nonostante quello che si possa immaginare, nemmeno l’aerea del Caraibi è immune da queste dinamiche. Un esempio su tutti: nelle aree rurali della Giamaica solo il 4% della popolazione ha un’assicurazione sanitaria e solo il 62% della popolazione ha accesso a servizi sanitari.[1]

Questi “nuovi poveri” andranno a sommarsi ai già 1,3 miliardi di persone attualmente in condizione di povertà, e che hanno ulteriormente visto peggiorare le loro condizioni di vita negli ultimi due anni.[2]

Sicurezza economica e Salute: quale correlazione?

La speranza di vita cambia grandemente in base al paese di nascita.

Una persona nata in Giappone o in Svezia ha una speranza di vita superiore agli 80 anni; in Brasile di 72; in molti paesi Africani è inferiore ai 50 anni.

All’interno degli stessi paesi, la parte di popolazione meno abbiente è caratterizzata da aumentati livelli di malattia e mortalità. Ad ogni livello di ricchezza, è infatti riscontrabile un “gradiente sociale” relativo alla salute a alla malattia: più basso è il livello socio-economico, peggiore è la salute.

Questa condizione si definisce iniquità sanitaria.

La sua riduzione (tra i paesi, e all’interno degli stessi) è da considerarsi un imperativo etico. [3]

Lo studio

Uno studio, pubblicato dai ricercatori del’Health Institute of the Caribbean (HIC), fondato nel 2005 per favorire l’accesso a servizi sanitari di qualità alle popolazioni del Centro America, ha provato a fare chiarezza sulla relazione tra quelli che vengono definiti Determinanti sociali della salute e il rischio cardio-vascolare.[1]

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce i Determinanti Sociali della Salute (social determinants of health, SDOH)[3]:

Le circostanze in cui le persone nascono, crescono, vivono, lavorano, invecchiano e i sistemi che sono messi in opera per occuparsi della malattia

Ma in concreto, di cosa stiamo parlando?

Reddito, stato di occupazione lavorativa, istruzione, interazioni sociali, supporto della comunità, accesso ai servizi sanitari, sicurezza abitativa, offerta di trasporto pubblico, ambiente di vita (ovvero la presenza di parchi, la potabilità dell’acqua, l’inquinamento dell’aria, l’inquinamento acustico da rumore), l’ambiente lavorativo, l’accesso a una dieta equilibrata, l’accesso a reti sociali…

Nei paesi in via di sviluppo, la povertà resta il principale fattore per classificare la vulnerabilità della popolazione. 

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È ad esempio noto fin dagli anni ’90 che vi sia una correlazione diretta tra il grado di istruzione e il rischio cardiovascolareuna bassa scolarizzazione è fortemente associata ad un aumentato rischio di infarto del miocardio e ictus. [3]

L’atteggiamento discriminatorio nei confronti delle minoranze etniche, altrimenti detto razzismo, è inoltre una delle principali cause di disparità nell’ambito delle determinanti sociali della salute. [1]

Da studi risalenti sempre agli anni ’90 (condotti negli Stati Uniti d’America), sappiamo infatti che è meno probabile per una persona di origini afro-americane ricevere una Rianimazione cardio-polmonare [RCP], anche nell’eventualità che l’Arresto cardio-circolatorio [ACC] avvenga in un luogo pubblico.[4]

Condizioni di disagio, come quelle individuabili analizzando i determinanti sociali della salute, incidono quindi sull’aumento di fattori negativi come stress e ansia, che coi loro meccanismi neurobiologici sono direttamente responsabili dell’aumentato rischio cardiovascolare! [1]

In conclusione

Tornando allo studio citato all’inizio, che ha analizzato la condizione della popolazione giamaicana, gli autori suggeriscono che gli interventi volti a favorire la salute dovrebbero includere il coinvolgimento attivo della popolazione e che vettori del cambiamento possono essere la scuola, luoghi di culto, agenzie governative, gruppi socio-culturali, organizzazioni non governative e altri portatori di interesse.

In questo processo, un utile strumento si rivela essere la tecnologia mobile, che ha la potenzialità di rivoluzionare e favorire l’accesso alle opportunità di cura e prevenzione (ne riparleremo!).

D’altronde, ci sono più cellulari che persone su questo pianeta! [5]

Anche grazie a queste tecnologie, i ricercatori dell’HIC sono stati in grado di favorire l’accesso a informazioni e possibilità di screening e controlli alle popolazioni interessate dallo studio, dando loro la possibilità di condurre una vita più sana e di accedere alle attività di prevenzione delle malattie.

#StayHealty #NeverStopLearning


Forse non tutti sanno che…in Giamaica, dal 3 gennaio 2020 (al 13 ottobre 2021), sono stati rilevati 86.456 casi confermati di COVID-19 e 2.034 vittime. Alla data dell’8 ottobre 2021 sono state somministrate un totale di 809.234 dosi di vaccino. (Fonte: WHO)


FASEB BioAdvances è il nuovo Journal online, di libera consultazione (open access), della Federation of American Society for Experimental Biology. Pubblica numerosi articoli riguardanti tutti i campi della biologia, ad ogni grado di complessità: atomico, molecolare, cellulare, dei tessuti, degli organi, degli organismi e delle popolazioni.



Bibliografia:

[1]     E. Madu, K. Mezue, and K. Madu, “Social determinants and cardiovascular care: A focus on vulnerable populations and the Jamaica experience,” FASEB BioAdvances, vol. 3, no. 4, pp. 266–274, Apr. 2021, doi: 10.1096/fba.2020-00116.

[2]     U. Nations, “International Day for the Eradication of Poverty | United Nations,” Accessed: Oct. 19, 2021. [Online]. Available: https://www.un.org/en/observances/day-for-eradicating-poverty.

[3]     M. Marmot, S. Friel, R. Bell, T. A. Houweling, and S. Taylor, “Closing the gap in a generation: health equity through action on the social determinants of health,” Lancet, vol. 372, no. 9650, pp. 1661–1669, Nov. 2008, doi: 10.1016/S0140-6736(08)61690-6.

[4]     D. Brookoff, A. L. Kellermann, B. B. Hackman, G. Somes, and P. Dobyns, “Do blacks get bystander cardiopulmonary resuscitation as often as whites?,” Ann. Emerg. Med., vol. 24, no. 6, pp. 1147–1150, Dec. 1994, doi: 10.1016/S0196-0644(94)70246-2.

[5]     “Telefonini, nel mondo 5,9 miliardi di persone ne hanno uno | Sky TG24.” https://tg24.sky.it/tecnologia/2020/03/04/smartphone-mondo (accessed Oct. 19, 2021).


Crediti immagini:

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